Raspadori è il giocatore più migliorato di questa Serie A

E non intendiamo nel Sassuolo, ma proprio in Serie A, vogliamo sbilanciarci.
Giacomo Raspadori è un ragazzo classe 2000, come ormai tanti nel panorama calcistico europeo. Quel numero tondo, quel passaggio di millennio, ci fa sentire tutti un po’ vecchi e rende lui molto giovane, ma la verità è che la classe “Duemila” sta già facendo vedere grandi cose in giro.
Trascinati dal nuovo calcio di Kylian Mbappè (classe ‘98, ma che alla loro età vinceva un Mondiale), la nuova generazione di calciatori “supersonici” si sta già imponendo con nomi come Jadon Sancho, Erling Haaland, Vinicius Junior e Phil Foden. Ma anche Alphonso Davies per dirne uno più difensivo.

In Italia la Juventus si era assicurata già l’anno scorso le prestazioni di Dejan Kulusevski e quest’anno abbiamo visto esplodere i numeri di Dusan Vlahovic (che lecitamente gli può contendere questo primato). In maniera minore, da tre stagioni, parliamo del talento di Hamed Traorè.
Il profilo è quello, giovani, bislunghi, muscolari ma allo stesso tempo leggerissimi, capaci di infrangere il muro del suono sia in senso di velocità che in senso di potenza, a loro agio nei tempi di passaggio sempre più rapidi. Ecco, Giacomo Raspadori non è proprio così.
Il nostro “Jack” ha un talento un po’diverso, che potremmo definire più “operaio” per il suo modo di cercare i piccoli spazi e le mischie fra i difensori, sia a causa del gioco del Sassuolo che per le qualità che ha sviluppato. Nonostante un fisico non certo possente (1,72 cm di altezza per una punta, è il più basso dopo Lopez e al pari di Boga), Raspadori ha sviluppato una muscolatura inferiore simile ad uno sciatore per certi aspetti, ed è ora capace di usare le gambe come veri piloni di appoggio al gioco.
La scultura personale, rischiosa per i ragazzi alla sua età, sembra al momento aver dato solo benefici. Di solito abbiamo sentito parlare di esordienti “gonfiati” nella parte superiore del corpo, qui invece l’operazione potrebbe essere più sostenibile per i legamenti e al momento (tocchiamo ferro) effettivamente non ci sono stati grandi risentimenti.

Il suo gioco si è adattato di conseguenza. Non abbiamo visto un funambolico ragazzino che sgattaiola tra le maglie difensive, quanto piuttosto un ariete in grado di sfondare “alla rovescia” le linee, cioè impossessarsi del pallone in anticipo e servirlo con rapidità. La velocità di esecuzione di qualsiasi gesto, tiro o passaggio, si è decisamente implementata.
Nonostante un singolo minuto di esordio nella stagione 18/19, la prima di De Zerbi, abbiamo visto in campo il giovane bolognese solo in quella successiva: una manciata di 33 minuti su 4 partite prima del Covid, seguiti da una lunga serie di panchine.
L’asteroide Raspadori ha impattato il pianeta Serie A solo l’11 Luglio 2020, titolare a sorpresa contro la Lazio in un match delicatissimo in cui il Sassuolo ancora vedeva uno spiraglio per inserirsi nella corsa all’Europa. Da prima punta segna un gol, annullato con molti dubbi, poi con l’ingresso di Caputo in campo arretra a seconda punta in un ruolo spesso gestito da Defrel. E sappiamo come è andata a finire.
Esordio da titolare e gol (anche valido), improvvisamente Raspadori entra nelle gerarchie neroverdi, ma in una veste particolare. Finisce la stagione più sulla linea della trequarti, titolare contro il Milan ma senza grandi sprazzi. Quello che vediamo sembra un discreto giovane, capace di arrivare alla conclusione sfruttando gli inserimenti tra gli avversari.
Come detto, quest’anno è cambiato totalmente.
All’inizio ne avevamo perse un po’ le tracce, rischiava di essere l’ennesimo “canterano” buttato nel calderone della Serie A, sedotto e abbandonato, in attesa di entrare nel giro dei prestiti. Giusti 5 partite da titolare, sempre nel ruolo di punta, un assist in una pazza partita contro il Napoli, e un gol contro il Genoa, di testa da subentrato contro la nemesi Scamacca.
Niente paginoni, niente rotocalchi, solo tanto lavoro nelle retrovie che non viene notato. A discolpa dei media, anche il mister lo nasconde per un po’, offrendogli solo pochi minuti e molte panchine tra gennaio e marzo. Lo rivediamo giusto contro l’Udinese, e bisogna dire anche un po’malino. E poi la svolta.
Il 3 Aprile il suo destino passa ancora da Roma, sponda giallorossa. Fascia da capitano così “de botto” data dal mister e prestazione sontuosa, con gol al momento fondamentale per tenere in corsa la squadra. Ma è tutto il mese di Aprile ad essere suo con 1 assist e 3 gol, fino a ricevere il premio “Calciatore del Mese” conferito dall’AIC.
Sorprende che Raspadori impatti così all’improvviso e in maniera così decisiva, con soli 8 gol in Serie A, ma già uno a Roma, Lazio, Juve e Milan. Ma oltre ai gol c’è d più, c’è il progresso di un giocatore che sembra quasi nuovo, dotato di tecnica ambidestra sopraffina.
Mentre all’inizio sembrava farsi in quattro per emergere dagli schemi avversari, spesso andando a ricevere palla in posizioni molto defilate come è solito fare Caputo, ora piantona il centro, lo presidia e contribuisce a quello che al momento è uno dei migliori filoni di risultati del Sassuolo di De Zerbi.
Raspadori va meno alla conclusione, segna anche paradossalmente meno sui novanta minuti rispetto alla scorsa stagione, ma è cresciuto in maniera importante nell’aiutare la squadra a risalire, nel costruire trame offensive capaci di aggirare i blocchi. Ormai è il terzo uomo decisivo negli scambi con Traoré e Boga, che sembrano aver beneficiato della sua crescita in queste ultime uscite.

Ad inizio stagione portava a segno 17,8 passaggi a partita, nelle partite dove è stato titolare, ma dalla sfida con la Roma la media è passata a 19,3 con un picco di 34 servizi contro la Juve e una percentuale del 100% di passaggi riusciti contro l’Inter. I passaggi chiave (che hanno portato ad un tiro) sono passati da 1,4 a partita a 1,8 con i ringraziamenti dei compagni.
E oltre i numeri c’è il talento, sotto gli occhi di tutti, evidente nel modo in cui giostra il pallone tra destro e sinistro, si ricava spazi minimi in tempi subatomici e per come è entrato nel complesso meccanismo neroverde. Qualcosa vorrà dire se il CT Roberto Mancini, uno che guarda il talento prima dei numeri, sta seriamente pensando se portare un giocatore “nuovo” per la Serie A alla rassegna europea.
Un talento che Raspa ha coltivato negli anni con i giusti idoli. Tevez, Rooney e Di Natale, tutti grandi esempi di attaccanti che hanno saputo spaccare le difese pur senza toccare la porta con il naso. Ma il suo idolo è forse il paragone più azzeccato, cioè Sergio Aguero, un giocatore che ha saputo rendere grande un intero club e che ha totalizzato oltre 350 gol su oltre 600 partite in Europa (62 fra Champions ed Europa League).
Non tutti crescono con il poster dell’attaccante argentino, in un’epoca segnata dal voler esser Ronaldo o Messi. Ma nella praticità di Raspadori si può notare la profonda conoscenza di sé stesso, dei propri mezzi, dei propri limiti e vantaggi sugli avversari. E quello che stupisce è proprio aver scoperto alla fine del campionato un giovane così maturo, dopo che per mesi lo si era forse ritenuto troppo acerbo.
Per questo ci sembra il giocatore più migliorato. I numeri di Vlahovic e di Malinovski sono certamente superiori rispetto ai suoi e rappresentano una certa crescita rispetto alla scorsa stagione. Ma il talento dell’ucraino non aveva bisogno che di spazi per emergere, visto il profilo già esposto lo scorso anno con assist e gol, serviva solo l’occasione giusta (abdicazione di Gomez e Ilicic) per un risultato comunque collettivamente confermato, cioè la Champions per la Dea.
La Fiorentina di Vlahovic, invece, è rimasta lì dov’è nei bassifondi, e seppure i numeri del serbo non siano discutibili così come la sua progressione balistica e tecnica, non si può dire abbiano contribuito a far salire le prestazioni dell’intera squadra.
Raspadori ha invece letteralmente trascinato una squadra, al di là della fascia di capitano concessagli, in un momento in cui è mancata la punta da “20 gol” e nel reparto offensivo non regnava grande entusiasmo. Come detto, oltre a Berardi che si è dimostrato semplicemente di un altro livello, Boga e Traorè sono cresciuti grazie ai suoi appoggi, il centrocampo ha saputo rifiatare maggiormente e lo stress sulle difese rivali è stato tale da riuscire spesso a scardinare da solo i momenti di “catenaccio” difensivi.
Nell’anno in cui il Kun lascia sede vacante a Manchester, sembra proprio ci sia qualcuno intenzionato a prendere il posto dell’attaccante atipico, non supersonico, ma capace in egual modo di utilizzare la fisicità al servizio dell’intelligenza cinetica e sportiva.