Meglio perdere da Sassuolo che vincere da Udinese

Parole forti per momenti forti, perché dopotutto la reazione che abbiamo avuto alla fine di Udinese-Sassuolo è stata delle più dure. Anche se ormai ci siamo abituati.
Il copione è sempre lo stesso, una squadra inferiore nei mezzi arriva a giocare contro il Sassuolo e sceglie di chiudersi. Si schiera con una difesa a 3 e un centrocampo a 5, mascherando in realtà cinque uomini in difesa e tre da schermo a centrocampo. Con l’Udinese abbiamo visto addirittura Pereyra come sesto in quello che poteva quasi essere un granitico 5-4-1.
A seconda della parte da cui proviene l’attacco, due centrali prendono il trequartista e la punta, il terzo centrale si divide con il “quinto” di fascia il terzino che spinge e l’ala che rientra. I centrocampisti collassano addosso al nostro centrocampo impedendo un cambio gioco rapido.

Uno schema che proprio l’Udinese aveva portato al suo massimo nello 0-0 dell’andata, un modulo che poi aveva fatto scuola. Bologna e Cagliari hanno imitato il modulo nella difficoltà e ci hanno impedito allo stesso modo di far loro gol.
Sembra inutile, ogni volta che una squadra si copre in maniera matematica, i nostri giocatori non sembrano capaci di risolvere il rebus per entrare nell’area di rigore. Ma non togliamo meriti all’Udinese.
Voglio essere chiaro e non fraintendibile: l’Udinese ha giocato un’ottima partita e la macchina difensiva messa a punto da Gotti, un tecnico poco appariscente ma sulla cui storia ci si potrebbe soffermare, è quasi perfetta. Una rarità nell’intero panorama europeo, e non perchè ci abbiamo perso.
Le ondate di attacco del Sassuolo si sono infrante sugli scogli dei bianconeri in una maniera talmente evidente da sembrare quasi violenta. Una botta vera e propria che ha lasciato chiunque esterrefatto sul momento del finale e laconico 2-0.
Vedere la propria squadra impotente e gli avversari avvicinarsi all’area con due passaggi credo abbia fatto dubitare tutti sotto sotto dell’impostazione neroverde. Puntualmente contro le squadre che si chiudono il Sassuolo sembra non riuscire a trovare la chiave e allora ci si chiede “non si potrebbe fare in un altro modo?”
In questo momento siamo frastornati dallo sterile dibattito sulla costruzione dal basso, con opinioinisti e giornalisti schierati o da una parte o dall’altra, spesso incapaci di segnalare anche correttamente cosa sia cosa.
L’Udinese ha impostato la gara principalmente su di un fattore: Fernando Llorente.

Questo non significa che i fiulani non costruiscano dal basso, praticamente ogni squadra in determinati momenti della partita lo fa. Ma fin da subito lo schema è sembrato diretto sull’asse Musso-Llorente.
Il portiere ha effettuato 9 passaggi lunghi su 21 totali, il 42%. La sua seconda percentuale più alta di stagione dopo il 50% effettuato proprio la giornata prima contro il Milan (13 su 26). Consigli è andato “lungo” solo 3 volte su 24, il 12% delle occasioni.
Pensare ad una palla su due calciata alta non è poco, specialmente se consideriamo che (come abbiamo appurato proprio in questi giorni di dibattito) si è molto più precisi ed efficienti nel giocare la palla in prossimità. Ma il fattore in più è stato Fernando.
Il navarro ha vinto 7 contrasti aerei in tutta la partita, più dell’intera difesa del Sassuolo (Ferrari 4, Marlon 1, Ahyan 0) legittimando una supremazia aerea che ha consentito una scorciatoia all’Udinese non da poco. Pereyra è stato rapido e intelligente sulle seconde palle e il centrocampo del Sassuolo (ma soprattutto la numerosa trequarti) si è trovata spesso scavalcata.
Di contro quando il Sassuolo ha provato a scavalcare la pressione avversaria, poche volte ci è riuscito con successo nonostante De Zerbi avesse provato una novità.

Berardi è stato liberato dalle marcature grazie al passaggio della difesa a 3 fin dalla fase di impostazione. Locatelli è rimasto unico mediano e il quintetto davanti è stato composto da Raspadori (punta), Traorè (trequartista), Lopez (centro incursore), Djuricic (esterno sinistro) e Toljan (terzino destro).
La copertura di Ahyan sulla destra ha consentito al tedesco di restare alto e a Berardi di poter agire da “falso 7”, sganciandosi dalle linee di fondo friulane e trovandosi spesso libero di impostare in fase avanzata.
Ma non è servito a nulla, perchè la gabbia ha retto e Berardi non ha trovato la svolta. Per lui 60 passaggi (terzo miglior dato stagionale), ma solo uno di questi ha prodotto un tiro. In totale sono stati 4 i suoi tiri, di cui ben 3 in area, ma a scarsa pericolosità con un totale di 0,22 xG creati.
L’Udinese alla fine della fiera ha fatto il 34% di possesso palla, con meno di un terzo dei nostri passaggi. Eppure ha prodotto più tiri, più occasioni e più gol senza subirne. Dati alla mano, il Sassuolo ha meritato di perdere e la proposta di gioco dell’Udinese è semplicemente più efficace.
E allora dobbiamo abbandonare tutto e ripensare al nostro DNA?
No.
No ed è un “no” convinto, un “no” che si basa su aspetti molto più semplici dei dati, ovvero i canoni estetici.
C’è certamente un’epica nel vincere i duelli aerei, nell’impostare muri difensivi e nel capitalizzare le occasioni. Ce ne è meno nel protestare di continuo contro l’arbitro perchè si è il capitano, nel dare pestoni di vendetta, nel perdere tempo uscendo dai lati sbagliati del campo.
C’è bellezza nella complessità della fitta rete di trame e passaggi che il Sassuolo riesce a mettere in piedi quando è in forma, c’è brillante concretezza quando tutto riesce, c’è enorme soddisfazione quando scattano le trappole e ti accorgi di aver giocato il tuo avversario. Così come al contrario c’è rispetto verso chi ti sovrasta nel gioco.
In questa settimana, offuscati dalla sconfitta, non abbiamo analizzato a sufficienza la splendida partita contro il Napoli. Una fulgida dimostrazione di come il Sassuolo “in palla” sappia essere convincente. L’azione del rigore del 2-1 è un manifesto del bel calcio al pari di una rovesciata o di un colpo di genio sulla trequarti.
Da una banale rimessa laterale il Sassuolo scarica a Consigli, facendo resettare l’azione. Il portiere imposta con i due centrali al suo fianco e i centrocampisti di ritorno.

La palla a Ferrari è una giocata ovvia, così come il passaggio a Locatelli che è pressato. Di solito è da queste occasioni che si sbaglia e si viene criticati perchè “ossesionati” dal passare la palla. Il Napoli stesso è fiducioso del totale controllo del pressing, ma stavolta dietro il mediano avviene un capolavoro.
Caputo è arretrato fin verso la metà della nostra area, Djuricic si è accentrato impedendo quindi al centrale difensivo di seguirlo. Quando loro due si muovono bene, di solito è scacco matto (si veda il gol contro lo Spezia).

Politano si accorge del movimento della punta, ma Ferrari sceglie di passarla a Defrel liberato dalla combo Caputo-Djuricic. La difesa del Napoli è completamente fuori posizione e Politano accentrato: Rogerio è liberissimo di avanzare perchè l’ala è in ritardo e la retroguardia preoccupata dalla ripartenza.

Accade poi qualcosa di quasi scolastico, una combinazione di passaggi che di solito vediamo su FIFA o in generale nelle azioni di alta qualità di Inter, Atalanta o Lazio con scambi intelligenti.
Un’azione semplicemente meravigliosa, intelligente, studiata, che da un piacere quasi scacchistico al tifoso che vede cadere nella trappola il proprio avversario come un erbivoro idiota nella savana dei leoni. Una bellezza che ha sempre più senso nel calcio ultra televisivo.
Come hanno detto giustamente Cassano e Adani nella Bobo TV (ebbene sì, stiamo citando la Bobo TV), Napoli-Sassuolo è una partita che vale il prezzo del biglietto e in generale lo sono tutte le partite guidate da De Zerbi. E valere il prezzo del biglietto oggi significa poter competere con il palinsesto tv.
In un mondo in cui c’è una partita a tutte le ora, la competizione visiva non è più fra una partita e l’altra, quanto fra una partita e un film in tv. A volte fra due piattaforme come DAZN e Netflix. Il “prodotto calcio” oggi deve piacere, non basta più la sola passione.
Ed è grazie a questa ricerca della bellezza che il Sassuolo sta riscontrando pareri favorevoli ovunque, anche nelle testate sportive importanti come Guardian, Equipe e New York Times. Un successo che ci deve dare convinzione quando una squadra solida come l’Udinese è rapida ed efficace nel mettere a nudo le nostre mancanze.
Succede, è normale vacillare e rimettere in discussione i principi. Quello che manca forse è la strategia, citando Paulo Fonseca:
Tutte le squadre hanno un’identità […] Quello che cambia è la strategia per ogni partita. Faccio un esempio: noi siamo una squadra che normalmente pressa alto. Contro il Milan non lo abbiamo fatto: è strategia, non identità. Le grandi squadre sono quelle che hanno un’identità forte, che non cambia.
E allora è tutto qui. Questo Sassuolo deve affinare schemi e strategie, ma un’identità forte ora ce l’ha e si vede. E può capitare di perdere qualche battaglia, ma la strada verso la vittoria è ancora bella in vista, bisogna solo essere determinati.