Che fine ha fatto ALBERTO AQUILANI

E’ l’11 Novembre del 2006, e il calcio italiano vive un momento molto particolare, schizofrenico e di grande incertezza. Da una parte siamo Campioni del Mondo, dopo tanto tempo e con molto merito. Dall’altra la Serie A sta crollando a pezzi, reduce da Calciopoli e numerosi fallimenti economici. 

Si cerca, in sostanza, una nuova “generazione d’oro” come quella introdotta da Esiodo fin dai tempi del mito greco e rappresentata dai vari Totti, Del Piero, Maldini, Nesta, Cannavaro…e altri eroi nazionali dopo Berlino. Una generazione capace di riprendere le imprese e tenere alto l’onore azzurro. Su tutti spicca un nome.

Alberto Aquilani, romano de Roma, classe 1984 ha appena 22 anni quando gli Azzurri ci portano sul tetto del mondo, compiuti due giorni prima. Su di lui le speranze della stampa fanno quadrato e quella sera di novembre sembra proprio così: come un lampo all’improvviso, Aquilani risolve un Roma-Milan con una rabona.

“Un gesto che vorremmo sempre vedere”…ecco immaginatevi un calcio fatto solo di rabone

Caressa e Bergomi ne sono impressionati, il suo gesto tecnico che apre per Taddei abbaglia tutto San Siro e merita addirittura un paragrafo su Wikipedia. 

Alberto Aquilani arriverà a vestire la maglia del Sassuolo, e già con questo possiamo capire che la sua carriera non è stata proprio come i rotocalchi la figuravano dopo quella notte. Ma non è l’unico ad aver sofferto di grandi aspettative. Basti pensare che il suo compagno di meraviglie in Under 21 era Alessandro Rosina

Ma sono anche gli infortuni a condizionare la sua storia. Per colpa del ginocchio salta numerose partite con la Roma e con tutte le squadre future. Il suo passaggio al Liverpool nel 2009 è il simbolo di un’Italia ormai incapace di trattenere i propri talenti e di giovani talenti incapaci di adattarsi a contesti europei.

Per 20 milioni è l’acquisto dell’estate, ma con i Reds non brilla e comincia a rimpiangere la patria nonostante con grande coraggio l’abbia seguito la sua compagna (poi moglie) Michela Quattrociocche, divenuta famosa in quegli anni per Scusa ma ti chiamo amore. Insomma, Aquilani aveva le carte in regola per inseguire la generazione d’oro fra il piede fatato e il fascino sulle bellezze del jet set.

Ricordi di un’Italia molto più spensierata

Ma da quell’annata in poi, Aquilani non verrà mai più comprato da nessuno ma si trasferirà solo in prestito o a scadenza di contratto. Il primo prestito è alla tragica Juve di Delneri in cui in realtà non va malissimo, ma il prezzo del riscatto è troppo alto (16 milioni) e la dirigenza bianconera a gennaio ha raggiunto un accordo con un vecchio e bollito Andrea Pirlo.

Incrocia la strada con il regista e si sposta in prestito al Milan. Anche qui è una buona stagione nonostante gli infortuni, impreziosita da un gol di testa contro il Napoli in cui fa per togliersi la maglia per mostrare la dedica, ma poi si accorge di avere una canotta bianca.

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A toglierlo dall’impaccio inglese ci pensa la Fiorentina che lo preleva ad una cifra simbolica di 2 milioni nonostante il ragazzo abbia ancora un valore discreto ben oltre la cifra. Nel 2013 con Montella ritrova a 28 anni una seconda giovinezza arrivando a segnare 7 e 6 gol nelle rispettive due stagioni di campionato in viola. Sulle spalle veste la 10 di chi è sicuro dei suoi mezzi.

A scadenza si trasferisce a Lisbona per un’improbabile avventura con lo Sporting che dura solo un anno (e gli vale una foto da rinnegato su Transfermarkt). Dopo di che si trasferisce al Pescara neopromosso, ma a gennaio eccolo arrivare in neroverde.

Quello che arriva al Mapei è un giocatore elegante, decisamente quadrato e ordinato, visibilmente dotato di tecnica per figurare bene in serie A. Il giovane romano ha quasi 32 anni e la questione fisica è ancora al centro del suo utilizzo. Di Francesco lo schiera dapprima mezzala, suo ruolo naturale, poi lo arretra intelligentemente a mediano per far rifiatare sia Magnanelli che lui.

Su 20 partite, il Difra (suo ex compagno di squadra alla Roma) non lo schiera solo in 4 occasioni, tanto che alla fine della stagione, che pur si conclude senza spunti decisivi come gol o assist, qualcuno si chiede se valga la pena trattenerlo anche per la sua duttilità. Qualcosa però va storto.

Non si capisce bene chi dica di no, visto che poi nel 2018 si rifaranno vive le voci di un interessamento neroverde, ma il calciatore si accasa al Las Palmas, club con cui abbiamo un incrocio mistico visti gli arrivi futuri di Boateng e di Lemos. Nel giugno del 2019 ha annunciato ufficialmente il suo ritiro dal calcio.

Sul che fine ha fatto però dobbiamo concludere degnamente. Perchè se con la numero 21 (forse omaggio proprio a chi gli soffiò il posto nella Juve) lo abbiamo sempre stimato, poi la sua carriera si è spenta lentamente e indecorosamente. Ma Aquilani è sempre stato un uomo semplice.

Lo dice la sua carriera, forse come anche la sua vita. Di tutte le aspettative di cui lo avevamo sovraccaricato, forse lui non se ne è fatto nulla perchè non gli è pesato. Forse non si è mai ritenuto il fenomeno che la stampa sperava, forse in cuor suo ha sempre preferito la normalità e la semplicità di un calciatore della Serie A degli anni ‘00, che può vantare presenze con squadre blasonate e con praticamente ogni categoria di Under in Nazionale.

Dopo aver accettato un incarico da allenatore Under 18 della Fiorentina prima e di vice allenatore di Iachini con i viola poi, abbiamo saputo di lui grazie al suo idolo e amico Francesco Totti, colui che siglò la rete che rese famosa la sua rabona e per questo Alberto ancora ringrazia.

Dall’ultima diretta Instagram del Pupone con Bobo Vieri, abbiamo scoperto che Aquilani è iscritto nella squadra di Calciotto del suo ex capitano, la “Totti Sporting Club Ca8” assieme ad altre vecchie glorie come Pizarro, Floro Flores e Mirko Vucinic.

E indovinate un po’ la data del suo primo gol in categoria? 11 Novembre 2019. Da quella notte a San Siro, sono passati 13 anni.