OBIANG. Al centro di tutto

Nel cuore dell’Africa, c’è un piccolo paese che interseca quasi perfettamente le due linee che definiscono simmetricamente il nostro pianeta e i suoi abitanti, ovvero l’Equatore e il Meridiano di Greenwich. Un paese al centro del mondo non poteva che generare l’uomo al centro del campo.
Pedro Mba Obiang Avomo nasce in realtà in Spagna, nella città industriale di Alcalà de Henares a pochi chilometri da Madrid, nel 1992. La sua famiglia è sì di origini guineane ma si è trasferita da oltre quarant’anni in Spagna, assieme a molti parenti in cerca di fortuna e l’integrazione è ben rappresentata dal nome di battesimo dato al nuovo figlio: Pedro, appunto.
Obiang si sente spagnolo in tutto, coltiva la passione della lettura e si appassiona al calcio tifando in maniera prevedibile per i Galacticos a cui è così vicino geograficamente. Le sue doti tecniche, tuttavia, vengono notate dall’altra sponda di Madrid, quella biancorossa dell’Atletico.
L’esperienza con i colchoneros è fondamentale per creare in lui un perfetto prodotto della scuola di centrocampisti mediani spagnoli che da lì a poco avrebbe conquistato l’Europa (2 volte) e il Mondo. La sua stazza fisica lo diversifica da altri mediani più agili, ma lo aiuterà molto proprio nel campionato che lo vedrà fiorire, il nostro. Perchè il treno della Serie A sta per passare.

Lo nota una vecchia conoscenza sassolese e un personaggio oggi discretamente famoso, un certo Fabio Paratici. L’allora d.s. della Sampdoria lo scova e lo vuole fortemente, convincendo il club blucerchiato a sborsare 130 mila euro nel 2008 per il sedicenne Pedro. I primi tempi non sono facili, confida al Guardian in un’intervista di aver pianto e di aver ricevuto il fondamentale rimprovero della madre: “se Dio ti ha dato un’opportunità, devi coglierla e non chiudere le porte alle novità”.
Ma dopo due anni nelle giovanili, arriva l’approdo in prima squadra con la maggiore età. Obiang si mette in mostra in ritiro ed esordisce a settembre nel rocambolesco 3-3 contro la Juventus. Il club è convinto delle sue doti e gli propone un contratto quinquennale. Tuttavia le cose non andranno molto bene.
E’ una stagione pazza per la Samp che si era qualificata alla Champions con la coppia Cassano-Pazzini e che dopo essere passata all’Europa League, non riesce a reggere gli impegni del campionato e retrocede clamorosamente in B. Ma per Pedro sarà l’occasione della consacrazione.

I destini con il neroverde si incrociano nei per noi famosi playoff del 2012. L’Emilia scossa dal terremoto cerca riscatto con una promozione azzardata di una sua provinciale, ma sbatte proprio contro la Sampdoria di Eder, Pozzi e ovviamente di Obiang, che all’andata a Genova prenderà anche un palo a Pomini incolpevole. Fra dubbi e mancanza di VAR, la Samp vincerà il doppio confronto e tornerà in Serie A.
Il ritorno nel primo campionato è da protagonisti per Obiang, la Serie A scopre un giovane con la testa sulle spalle, timido ma diretto, amante dei libri e sincero nel dire che dopo aver letto la biografia di Del Piero, l’esordio contro in Serie A contro i bianconeri gli ha fatto “Tremare le gambe”. Ammetterà anche che “dopo cinque minuti avevo già finito il fiato” senza però specificare se si trattasse dell’emozione o delle botte di Felipe Melo.
Dal punto di vista tecnico, Obiang oltre all’ottima conduzione palla comincia a sperimentare un gioco ambidestro per niente male e un tiro da fuori sempre più velenoso. Diventa un regista molto diverso dal prototipo del “Pirlo” che incanta i campi, occupandosi più della copertura del pallona con una grande facilità nel passare dal destro al sinistro.
Si lega moltissimo alla squadra e all’ambiente doriano. Ricorda i giocatori che gli segnano la strada come i veterani Gastaldello e Palombo, da cui eredita ruolo e carisma nella gestione del gioco. Riconosce un rapporto speciale con la famiglia Garrone a tal punto da dedicare il primo gol al presidente stesso ed è testimone del cambio di proprietà che porterà allo sbarco lunare di Massimo Ferrero ormai in veste di bandiera della squadra nonostante non abbia nemmeno 23 anni.

Arriva anche il momento di parlare della nazionale, argomento spinoso e sentimentale per un immigrato di seconda generazione. Nonostante la trafila di giovanili con la Spagna, la chiamata dalla Roja stenta ad arrivare e si apre la possibilità mai esclusa della Guinea Equatoriale. I gironalisti più attenti cominciano a scovare qualche parentela interessante.
Si scopre che lo zio è selezionatore della nazionale, e anche suo padre è da poco tornato a … per entrare nel giro della federazione. Andando più a fondo si arriva fino…al presidente! Pedro è infatti lontano parente del presidente Teodoro Obiang! Non proprio il più democratico fra i presidenti, nonchè capo di stato in carica da più tempo. Ma la Guinea Equatoriale è dopotutto un paese di poco più di un milione di anime.
Sulla questione Pedro scherza già dalla giovane età, minimizzando ma mostrandosi comunque molto attaccato alla sua terra, al concetto di famiglia e di tribù. Alla fine è comunque facile per lui accettare di vestire la maglia ugualmente “roja”, ma dell’ex colonia spagnola.
Intanto però è successo un grande cambiamento, anzi il cambiamento. E’ arrivata l’offerta della Premier League, in un anno in cui la Serie A attraversa il picco della crisi e l’astro del calcio inglese sta nascendo. Con soli 6 milioni il West Ham si aggiudica il giovane promettente che saluta la Sampdoria con grande affetto, essendo ormai un fenomeno anche sui social.

L’impatto con l’Inghilterra però è duro. Anche stavolta Obiang si dimostra schietto nel dire che “non era come me l’aspettavo”. Serve grande spirito di adattamento, serve impegno in una squadra che schiera talenti del calibro di Andy Carroll e Dimitri Payet. Serve tempo, e Obiang scompare dai nostri radar.
La sua esperienza a Londra dura 4 anni e gli frutta 91 presenze condite da 3 gol. Uno, bellissimo, ancora rimane nel cuore dei tifosi visto che è stato segnato contro un Tottenham in grande spolvero. Con grande affetto, questa estate sul suo profilo Instagram, Pedro Obiang ringrazia e saluta tutti gli hammers, perchè l’Italia, luogo in cui fra l’altro ha trovato moglie, lo sta richiamando.
E qui finisce la storia di Obiang, perchè comincia il presente a tinte neroverdi. Il presente del primo giocatore equatoguineano al Mapei Stadium comincia da quest’estate nella quale viene prelevato dal club inglese per 8 milioni, più di quelli sborsati dagli inglesi al loro tempo. Perchè nonstante l’idea di “vecchia conoscenza” del nostro campionato, Obiang ha pur sempre 27 anni e per un mediano non sono affatto tanti. Pedro sembra il tassello perfetto per il centrocampo di De Zerbi, e a sua volta il mister è stato il tassello fondamentale per l’arrivo del ragazzo qui.
Come si poteva intuire dalla preparazione estiva e dalle parole di grande stima reciproca fra lui e De Zerbi, l’impiego del giocatore è stato quasi totale finora: 6 partite su 7, per 540 minuti complessivi che hanno prodotto eccellenti risultati. Tira molto meno rispetto alla scorsa stagione (0,67 tiri ogni 90 minuti contro i precedenti 1,2) ma è riuscito a portare a 1,67 i passaggi chiave ogni 90′, una statistica che lo rende superiore ai registi delle grandi squadre.
La stagione è ancora lunga, e già emotivamente in pendenza avversa, ma l’innesto di Obiang sembra proprio una di quelle modifiche da orologiaio che potrebbero portare benefici costanti e crescenti. Un giorno potremmo accorgerci della sua centralità nel gioco e nel successo della squadra e non dovremmo stupirci. Lui è nato per stare al centro.