Boga ha rappresentato una generazione

Solitamente per giocatori “generazionali” si intendono giocatori che hanno militato in una squadra o in un campionato un tempo sufficiente a rappresentare una generazione in tutte le sue sfaccettature, dalla semplice età al riferimento culturale di massa.
Se però intendiamo più largamente il profilo di un qualsiasi giocatore che ha segnato un’ “epoca” significativa seppur breve, allora forse Jeremie Boga può iscriversi all’albo dei calciatori che con il loro vissuto e il loro giocato hanno delimitato un inizio e una fine di un periodo di tempo particolare.
Jeremie Boga è arrivato qui nell’estate della grande rifondazione di De Zerbi, senza nessuna sirena addosso sia per le cifre che per il poco di visto in campo fino a quel momento. Il Sassuolo usciva con le ossa rotte da un anno che potremmo definire il secondo peggiore di sempre, dal momento che per la seconda ed ultima volta si era arrivati all’esonero dell’allenatore e si era parlato di salvezza. Incrociando le dita per il futuro, ovviamente.
I nomi dell’estate erano stati su tutti Boateng, poi Locatelli e il figliol quasi prodigo Di Francesco. In generale la linea della società sembrava essere la ricerca di giocatori vogliosi di riscatto, cosa poi confermata anche gli anni successivi con gli acquisti di due retrocessi (Caputo e Traorè) a fare il paio con i precedenti Djuricic e Brignola. E sembra una linea mantenuta fino ad oggi del resto.
Il Sassuolo “giovane e italiano” sembrava momentaneamente sospeso, e solo dopo avremmo capito essere del tutto terminato. All’epoca sembrava cominciare una nuova fase in cui il progetto tecnico aveva prelazione su tutto, e i fatti avrebbero poi confermato questa sensazione.
In mezzo a tutto questo arriva Boga.

Oggetto misterioso, come i vari Bourabia, Kyriakopoulos, Marlon, Haraslin…giocatori che il Sassuolo prende dopo scouting, ma di cui nessuno può dire molto. Jeremie aveva giocato appena 18 minuti in Premier League con la maglia dei Blues e sotto Antonio Conte, e tre stagioni in giro per l’Europa fra Rennes, Birmingham e Granada.
In tre anni Boga aveva girato tre campionati, era un ragazzo di appena 21 anni, eppure il Chelsea che rappresenta forse una della più grandi Academy europee lo cedeva nuovamente nel suo quarto campionato. Quello italiano.
Lo aveva fatto peraltro ad un prezzo irrisorio, circa 3 milioni, lasciandosi però aperto lo spiraglio di una recompra. Il Chelsea è una delle maggiori Academy anche per i talenti che si è lasciata sfuggire, da Robben a Salah, e quindi si tutela con bonus e altre formule ormai da un po’.
Detta fuori dai denti, Boga è arrivato con il mistero ma anche con l’aura sospettosa di quello scaricato nel giro prestiti, senza grandi attese e senza grandi pretese. Dubbi e perplessità confermati dal fatto che per buona parte della prima stagione, era sceso in campo giusto qualche minuto e aveva fatto vedere pochi sprazzi del suo talento.
La scena se l’era presa Prince Boateng, perno del gioco, e Mimmo Berardi, irrinunciabile per De Zerbi fin dal primo giorno. Accanto a loro prima si schiera Di Fra Jr. in un 4-3-3 puro con ali aperti, poi Babacar in una sorta di albero di Natale. La prima da titolare di Boga arriva contro la SPAL in una partita di palese turnover, dopodiché un infortunio lo tiene fuori per tutto il girone d’andata.
E allora vi chiederete perché parlare di lui come di qualcosa di iconico, generazionale, di riferimento. E il motivo è proprio quello che succede dopo quel primo claudicante inizio.
Il primo anno di De Zerbi va sostanzialmente a ramengo a causa dell’offerta irrinunciabile che vede Boateng accasarsi al Barcellona e che costringe il tecnico a ripensare tutto a Gennaio. Inoltre gli schemi e i principi del suo gioco non si sposano ancora bene con le qualità della rosa. Eppure Boga, proprio grazie a questa cessione, comincia ad emergere.
E con lui decolla anche l’intero Sassuolo di De Zerbi, quando il mister bresciano sceglie drasticamente di rompere con il 4-3-3 e anziché optare per il 4-3-1-2 in una rosa onestamente zeppa di trequartisti, spinge verso il famoso “doppio mediano” e l’ormai indimenticato 4-2-3-1.

Nella macchina da gol che si rivela essere il Sassuolo 2019/2020, l’ivoriano è il tassello fondamentale che trascina il Sassuolo nella stagione più pazza di sempre, quella investita dalla pandemia e terminata con il turbo-campionato d’estate.
Boga trova spazio e se ne prende sempre di più, perché quello che la Serie A scopre è un giocatore dalle caratteristiche uniche. Banalmente lo si chiama “dribbling”, ma dietro questo gesto si cela una vasta gamma di azioni e di controlli. Serve esplosività nelle gambe, serve un cervello che pensi ad una frazione di secondo in meno degli altri, servono collegamenti che consentano ai neuroni di trasmettere istantaneamente precise coordinate dal flessore alla punta del piede.
In Italia si considera ormai un’arte circense lo scartare l’avversario, forse per un’eccessiva deriva subita dal gioco stesso e dimostratasi tale in tutto il Novecento. Il calcio è sì nato come un “dribbling game”, ma dopo pochi anni i passaggi hanno preso il predominio. Oggi ogni bambino nasce e viene educato a passare la palla quando un avversario gli si para dinanzi, cercare il dribbling è la scelta più stupida fra le due opzioni che si hanno.
E banalmente è vero, provare a dribblare un uomo è rischioso ed il più delle volte significa perdere la palla ed innervosire il compagno che la chiedeva. Ma oggi sempre più squadre in Europa valutano il dribbling non come un rischio, ma come quello che realmente è, ovvero un’arma. Di giocatori che saltano l’uomo l’Europa è piena, la serie A no. E Boga arriva come un fulmine a rompere i paradigmi.
Il primo anno, nonostante giochi un solo girone praticamente, tenta 124 dribbling e gliene riescono 82 ovvero il 66%: due su tre e in rapporto alle partite sono 4 riusciti a partita. Un giocatore che punta l’avversario e due volte su tre lo supera è una pistola puntata contro ogni schema difensivo. Le difese non sono preparate, e infatti la stagione successiva Boga impatta sul campionato come una nuova tecnologia bellica.
Come un carro armato sui campi dell’Europa Centrale del primo Novecento, il giovane 22enne asfalta le fasce di mezza Serie A nella stagione 2019/2020: 141 dribbling riusciti, 152 avversari superati (a volte il dribbling era doppio) e addirittura 10 tunnel. E poi i gol, perché raggiunge la doppia cifra con 11 reti e 2 assist.
Il gol più iconico arriva all’Allianz Stadium il 1 Dicembre 2019, quando il Sassuolo assorbe e contrattacca magistralmente la Juventus di Sarri. L’inizio di campionato è stato sfortunato, la proposta di gioco è decisamente interessante e matura, ma i risultati faticano ad arrivare e i complimenti di conseguenza. Dopo quel giorno nessuno può più ignorare il Sassuolo. E nemmeno Boga. Sotto di un gol e con il tifo voglioso di assistere allo strangolamento finale dell’avversario neroverde, la squadra non cede di un centimetro mentale e il gol del pareggio è il sintomo di come De Zerbi abbia annullato qualsiasi complesso di inferiorità.
Boga avanza in contropiede, la Juventus si ricompone e si chiude, Boga si ferma e prende tempo. L’azione sembra sfumata, la palla scaricata a Caputo con fare quasi svogliato. Ma lo scatto conseguente è felino, rapido tanto da non essere capito del tutto perché Boga va semplicemente dritto verso il fuorigioco. Caputo però ha un orologio nel piede e lo serve con un tunnel.
Boga si trova davanti a Gigi Buffon, a Torino, sotto la curva avversaria e leggermente angolato rispetto alla porta. E fa l’unica cosa efficace: il pallonetto.
Ora abbiamo tutti negli occhi quello di Maxime Lopez che è valso la vittoria, ma è stato decisamente più iconico per quanto meno efficace il pallonetto del suo compagno marsigliese. Perché certifica la posizione ambiziosa raggiunta dal Sassuolo di De Zerbi e lo scrollamento della paura nei confronti del calcio dei grandi.
Quel pallonetto non era un gesto di beffa, ma di tranquilla pragmaticità.
Ad inizio 2020 Boga è in controllo di quasi tutte le partite e lo testimonia il gol più bello forse segnato da lui e da un qualsiasi neroverde in serie A, ovvero quello contro il Torino.
Ne avevamo già parlato, ma ripetiamo che il gol che segna il ragazzo è semplicemente scorretto. Infatti con una difesa torinese completamente schierata, Boga ignora ogni schema e ogni educazione calcistica. Vede uno spazio adatto al tiro dietro Rincon e lo supera in un modo che da vedersi fa quasi male, viene istintivo chiudere le gambe. Poi lascia partire un siluro teleguidato verso il secondo palo, potente quanto preciso. Perfetta esecuzione.
Arrivano altri gol importanti, ma poi arriva anche il Covid-19 e il momento magico del Sassuolo sembra rovinato per sempre. Ma non è così.
Evidentemente il lockdown serve alla squadra per ingranare meglio principi e movenze, per implementare l’alchimia di squadra e giostrare il ritmo. Il Sassuolo che riprende il campionato, dopo una brutta sveglia dall’Atalanta, è una macchina da guerra.
Sono 28 i gol segnati nelle ultime 13 partite giocate fra Giugno e Luglio. I tre attaccanti Berardi, Caputo e Boga vanno tutti oltre la doppia cifra con Caputo che ottiene il record di reti per un neroverde in serie A in una singola stagione. Boga in questa ministagione segna solo tre reti, ma una doppietta pesantissima al Verona che consente l’ottavo posto a fine stagione.
E poi, succede quello che forse è il vero turning point della sua carriera in neroverde: arriva il coronavirus.
L’estate del 2020 doveva essere la sua estate, le sirene di mercato lo vedevano praticamente già accasato al Napoli per non meno di 30 milioni. Tuttavia Carnevali resiste, sia per accontentare De Zerbi che per puntare al rialzo. Ma purtroppo il 20 Agosto arriva la notizia della positività del giocatore.
Oggi con la variante Omicron ormai in ogni casa, con la quasi totalità della popolazione vaccinata e i tamponi al supermercato, il covid è un argomento quotidiano e non più di paura. Per capire cosa passa però Boga dobbiamo tornare a cosa era il covid nell’estate 2020.
Il giocatore non era vaccinato perché banalmente non c’era ancora il vaccino, le regole imponevano una rigida quarantena che poteva terminare solo a seguito di un doppio tampone negativo e in sostanza bisognava attendere e sperare.
Boga attende in una stanza d’albergo per 45 giorni, senza contatti né possibilità di fare chissà quale attività fisica. Scompare dai radar del mercato, con il Napoli che vira sull’ex Politano, e salta le prime giornate di campionato. Dopo di che comincia la tiritera che lo accompagnerà fino alla fine, ovvero la gente che si chiede: quando torna Boga?
Già, per tornare in campo torna, ma quello che il pubblico vuole è il funambolico giocatore che ha fatto impazzire tutti gli avversari, l’ala potente in grado di risolvere le partite. E Boga in questo stenta.

Di partite ne decide due, con gol ed assist contro Verona e Genoa, e dopo ognuna di queste i tifosi esplodono con “è tornato!”. Ma le partite seguenti non convincono e l’urlo diventa uno scaramantico mormorio, e i neroverdi piano piano si disabituano all’idea di un Boga così decisivo come lo è stato.
Oggi possiamo dirlo con gli stessi toni con cui si parla dell’amore: quel Boga non è mai tornato. E possiamo immaginare tanti fattori, fra il covid (che spesso viene sottovalutato quando si parla di sportivi), le voci di mercato, la motivazione e la migliore preparazione delle difese nello schermare i suoi tentativi di prendere campo. E come spesso succede in questi casi, la causa non è data da un fattore solo, ma dall’insieme di tutti.
In questi casi è spesso riduttivo e futile dire che “qualcosa si è rotto” perché spesso non è nemmeno vero, spesso anziché ricercare cause e concause ci si dovrebbe affidare anche a quel non banale indice di casualità che collega una prestazione ad un risultato e concedere al “caso” o ad altre forze invisibili il beneficio del ruolo determinante nell’interrompere qualcosa di bello.
Perché vedere giocare Boga in quei momenti è stato davvero bello. Era vedere un Sassuolo completo, che ricordava terribilmente il primo Barcellona di Guardiola, dove tutti i giocatori tessevano passaggi e poi ne arrivava uno che spezzava il ritmo, rompeva le righe e portava scompiglio. Per quel gioco, Boga è stato perfetto, quasi rappresentativo al pari del metronomo Locatelli o del bomber Caputo.
Quel Sassuolo è stata una squadra che ci ha maledettamente provato, ha stupito, ha vinto le indifferenze e i pregiudizi. Ed è stata una delle tante scommesse vinte da Carnevali e dalla società che hanno puntato sul riscatto di chi era retrocesso, chi considerato giovane promessa mai concretizzata, chi non trovava più spazio nel club in cui era. Quel Sassuolo non ce l’ha fatta, per una differenza reti, per un semplice paio di gol che lo hanno relegato ottavo nonostante un settimo posto a parimerito.
In un campionato legato al blasone e alla tradizione, il Sassuolo di De Zerbi ha provato a rompere tutto così come Boga ha provato a rompere anni di cultura difensiva dura e pura. Da solo contro i paradigmi.
Non ci è riuscito, ma nel tentativo ambizioso e coraggioso ha forse sortito ugualmente l’effetto desiderato, ovvero quello di cominciare a considerare il Sassuolo non come una società in provetta ma come una vera fabbrica di talenti, organizzata e strutturata. E così allo stesso modo Boga non come un giocoliere della fascia, ma come una carta importante da giocarsi.
Oggi quel Sassuolo non c’è più, così come quel Boga.
Dionisi sta prendendo un’altra strada, complici anche le belle novità di altri innesti della rosa e le prestazioni di Boga sempre più ombra di quello che fu anche a causa dei numerosi infortuni dovuti, perché no, forse anche al forzato ricorso della sua potenza fisica.
Qualcuno però scommette ancora su di lui, e non è una squadra da poco.
L’Atalanta di Gasperini è da anni attenta ad alcune particolarità del gioco, per cercare di ottenere qualche punto percentuale in più degli altri. Da anni cerca giocatori fisicamente potenti per poter dominare le palle alte, da anni cerca tiratori scelti che sappiano piazzare in rete anche da fuori. E ora sembra intenzionata a mettere le mani sul miglior dribblatore del campionato.
Bisogna poi anche ammettere che come il Sassuolo ha impostato una strategia sui desiderosi di riscatto, l’Atalanta ha portato la rigenerazione dei giocatori ad un livello superiore. Bastano i nomi di Ilicic, Muriel, Zappacosta ma senza tralasciare anche il passato Papu Gomez. Mentre un giocatore che saluta la Dea fa non poca fatica a mantenere quel livello (Gagliardini, Caldara, Conti…solo qualche esempio di cessioni milionarie), chi ci entra sembra spesso revitalizzato.
E forse sarà così anche per Boga, l’attenzione è tanta verso quello che potrebbe essere il colpo definitivo che lancia i bergamaschi verso la lotta scudetto o il flop invernale. La forbice è questa, nel mercato non ci sono mezze misure quando volano certe cifre e certi nomi. E noi questo ci sentiamo di augurare a Boga.
Un giocatore dalle grandi potenzialità, che nei suoi momenti apicali ha fatto innamorare tutti, ma vuoi per la sfortuna, la testa e tutti gli altri fattori detti prima, non è riuscito ancora a consacrarsi, anzi sembra proprio aver mancato lo step finale verso il calcio dei grandi.
Proprio come questo Sassuolo appena passato. Che per questo, nel bene e nel male, sarà per sempre anche il Sassuolo di Boga.