Sul Mapei Stadium la vuota retorica non si ferma mai

Basta rimuovere un tricolore ed ecco che la piazza si rivolta contro l’alta borghesia, il popolo insorge con i forconi e i potenti tremano sui troni.

Non siamo però nell’Italia di Mazzini, Cavour e Garibaldi, quando lo straniero occupava molti degli staterelli in cui era diviso il Bel Paese, ma nella Reggio Emilia dei giorni nostri, quelli di Sanremo e dei balletti su Tik Tok.

Qualcuno potrebbe chiedersi che differenza fa, cosa cambia, o per quale motivo non dovrebbero importare in egual misura le due cose. Ed è anche molto semplice rispondere a questo, dal momento che se a guidare i patrioti ottocenteschi era un fine superiore, dalla testate reggiane non emerge ormai che vuota retorica.

Casus belli questa volta sono i lavori di restaurazione del Mapei Stadium che vanno a toccare corde che non dovrebbero toccare, ma fintanto che tutto questo dibattito rimane sui canali dei tifosi è un conto. Se invece, come appena successo, la questione si sposta sulle pagine della Gazzetta di Reggio e prende una piega decisamente istituzionale, allora vale spendere due parole.

Secondo il Resto del Carlino di domenica, sarebbe confermata l’intenzione da parte di Mapei di sostituire il tricolore che campeggia sulla facciata centrale dello stadio con un’opera di Olimpia Zagnoli, artista apprezzata e contattata da Veronica Squinzi in persona a quanto ricostruito.

Dai commenti dell’artista e della società sembra tutto confermato, ma il segretario del Sassuolo Andrea Fabris ha voluto aggiungere che sarà un’opera “rispettosa della tradizione” proprio nell’ottica di calmare le acque che già ribollivano.

Ovviamente non ci è riuscito, dal momento che tutta questa operazione andava a toccare tasti troppo golosi per la stampa locale, e infatti ecco la Gazzetta a buttare oggi il carico pesante: LA MAPEI CANCELLA IL GRANATA.

La foto è proprio di quelle da servizio delle Iene, con il prima e il dopo. È fattuale che, in vista del lavoro di ristrutturazione della facciata annunciata, sia stato dipinto di azzurro un tratto frontale di colore granata. È vero, è così ed è innegabile. E avrebbe ragione chiunque riportasse questa notizia senza ricostruirvi attorno una narrazione complottista.

L’articolo riporta alcuni passaggi pregevoli come “Un altro simbolo della reggianità che svanisce”, oppure “in mano ai modenesi del Sassuolo Calcio”, che sembrano venire direttamente dal ‘900.

Sul colore granata facciamo presto. A parte il fatto che esso è un omaggio al Torino (Giorgio Welter, Le maglie della Serie A, Milano, Codice Atlantico, 2013), lo stesso articolo alla fine accenna al fatto che probabilmente è stato temporaneamente rimosso per favorire i lavori, ammettendo quindi di fare polemica sul nulla.

Va detto, inoltre, che nella versione originale dello stadio, ovvero il Giglio del 1995, il colore granata era totalmente assente. A campeggiare era un colore grigio e la scritta “Giglio” appunto, nel rispetto del naming right.

Di fatto, quindi, la striscia granata è da intendersi come un bel gesto fatto dalla Mapei, che possiede la totalità dell’impianto e può disporne come vuole in nome di una cosa chiamata “proprietà privata” nata da circa qualche secolo.

Del secondo passaggio, lo avrete capito, non sono vere nemmeno le virgole.

Il Mapei Stadium NON È di proprietà dei “modenesi” del Sassuolo Calcio, bensì della già citata MAPEI S.p.A di Milano (Lombardia).

Associare ogni volta le due cose oltre che non ricostruire bene la realtà, non fa altro che acuire quella venatura di “noi contro loro” che sembra comunque sinceramente il motivo principale tramite cui le frange organizzate coinvolgono i tifosi granata. Un noi contro loro che non esiste da nessuna parte.

Non è un mistero che anche i tifosi neroverdi non siano soddisfatti della questione stadio, pur restando riconoscenti della possibilità data da Mapei di poter disputare partite in un impianto mantenuto alla perfezione.

Se volete giusto un esempio, eccovi una foto del primo anno di serie A del Sassuolo, confrontata con l’attuale configurazione dello stadio.

e non vi facciamo vedere le immagini durante una partita…basta andare a ripescarle per sentire odore di campo di patate

Oltre a questo, siccome si accusano i “modenesi” del Sassuolo Calcio, varrebbe la pena far notare come non ci sia NESSUN riferimento al Sassuolo Calcio all’esterno dello stadio nel quale campeggiano l’azzurro Mapei e il tricolore appunto. Paradossalmente, quindi, ci sono più riferimenti alla Reggiana che al Sassuolo!

Diciamolo ancora una volta, lo stadio che chiunque può ostinarsi a chiamare Giglio (al pari di chi continua a chiamare “Lucania” la Basilicata o “Leningrado” San Pietroburgo) è ad oggi di proprietà della Mapei che ne dispone secondo le sue idee e i suoi interessi.

Qualsiasi cosa che vada incontro a diritti di “identità” o di “nazionalismo” declinato in salsa comunale è a tutti gli effetti vuota retorica che non contribuisce a spostare la volontà di un proprietario.

Lo stadio Giglio è stato costruito nel 1995 con un progetto all’avanguardia, ovvero quello del primo stadio di proprietà in Italia in un contesto dominato ancora dagli stadi comunali.

Che a lamentarsi di questo siano oggi siano i cittadini/tifosi della squadra della città restituisce sufficientemente la retorica e la paradossalità della situazione. Qualsiasi accenno al Sassuolo Calcio, infine, è cortesemente rispedito al mittente.

A meno che, tutto ciò che non si desidera sia semplicemente avvelenare i pozzi e creare un clima ostile nei confronti di “civili” tifosi paganti che vorrebbero soltanto vedere una partita della loro squadra in santa pace. E l’impressione forse è sempre più quella.