La sicurezza al Mapei Stadium è stata un problema

Che Sassuolo Milan fosse una partita importante lo si poteva intuire da qualche mese, lo si capiva da un paio di settimane, lo si sapeva con certezza da una. Sette giorni.
Con la vittoria congiunta di Milan ed Inter e i rossoneri a due punti di distacco dai cugini nerazzurri, lo sapevano anche i muri che con ogni probabilità tutto si sarebbe deciso al Mapei Stadium, nel bene e nel male.
Era un test importante, per una società ambiziosa che possiede uno stadio spesso descritto come una perla di proprietà atta ad ospitare grandi eventi. Quello di domenica è stato il più grosso ospitato finora, ed è andato tutto male.
Partiamo con ordine.
IL CAOS BIGLIETTI
Lo stadio era una bolgia rossonera, un San Siro in miniatura anche se, nonostante i posti fossero un quarto rispetto allo stadio lombardo, di mini c’era ben poco nei decibel assordanti da dentro e da fuori lo stadio.
Nonostante l’invito della società, erano numerosi i tifosi fuori dallo stadio che erano arrivati lì per provare ad entrare o al più festeggiare da fuori. Una situazione non monitorata da chi, come noi, era dentro lo stadio, ma che ha coinvolto le forze dell’ordine come abbiamo poi notato.
Avere uno stadio tutto rossonero è stato un danno all’immagine che pareggia l’introito economico.
Si poteva operare in tanti modi, e con una certa lungimiranza dal momento che la partita era calendarizzata da Agosto 2021 e alla vendita degli abbonamenti di gennaio il Milan era già lì che si giocava lo scudetto.
Si poteva bloccare il cambio nominativo agli abbonati innanzitutto. Non si sarebbe perso un euro, l’abbonato ha già pagato quindi o va lui o niente. E invece non si è fatto nulla per impedire un assurdo secondary ticketing: la società sui rincari dei biglietti non ci ha guadagnato UN euro, ricordiamolo.
Poi per quanto riguarda la curva, con le tribune occupate e un Sassuolo che non si giocava nulla, era comprensibile che i rossoneri sarebbero affluiti in curva. Cosa si poteva fare per motivare i neroverdi a venire allo stadio?
Non so, forse dire che il capitano del Sassuolo, leggenda e bandiera della squadra da 17 anni si sarebbe ritirato e avrebbe giocato la sua ultima partita? Poteva essere un’idea, ma si è scelto di comunicarlo 3 giorni prima della partita, con lo stadio già esaurito.
Nulla impediva altre mosse, ad esempio dare prelazione a chi durante l’anno aveva già acquistato un biglietto e non è quindi un abbonato ma verosimilmente un tifoso sassolese. Si poteva interdire l’acquisto ai residenti fuori la provincia di Modena e/o Reggio. Si poteva almeno pretendere la tessera del Sassuolo. A mali estremi, si poteva chiudere una parte di curva per impedire l’afflusso.
Si è fatto di peggio, cioè si è data la possibilità agli abbonati di comprare 4 biglietti, rendendoli di fatto dei bagarini.
Il risultato è stata una curva piena di tifosi del Milan a libero contatto con quelli del Sassuolo. Una situazione che chiunque capisce come sia meglio evitare.
Poi c’è stato l’ingresso.
I CONTROLLI
All’ingresso della curva, chiunque in possesso di gadget rossoneri (maglie, sciarpe ecc) doveva lasciarli in deposito presso l’ingresso. Per quanto i controlli ci siano stati, sono stati abbastanza permissivi.
Di fatto bastava mettere le cose in uno zaino e tutto passava, l’ammontare di sciarpe e maglie presenti in deposito ammontava a circa uno scatolone, ma i tifosi in curva erano certamente 3mila. Ora, una maglia non ha mai ucciso nessuno…finchè è una maglia.
C’è anche chi nella zona bar ha provocato la tifoseria neroverde, creando disordini, e invece che essere espulso è stato temporaneamente allontanato dalle uniche due forze dell’ordine presenti per poi essere rilasciato poco dopo.
Di seguito il tema più caldo,
LA GESTIONE DELLA CURVA
Con una situazione così tesa, non si sa perchè o percome, ma di steward in curva non ce ne erano. Men che meno forze dell’ordine, se non le due in pseudo borghese citate prima. Dopo il fischio d’inizio, gli unici due steward presenti si sono messi negli angoli inferiori della curva senza mai intervenire nemmeno se chiamati direttamente in causa.
A nessuno è chiesto di essere un eroe, sia chiaro. Il problema rimane legato all’organizzazione.
Dopo i gol del Milan i tifosi rossoneri comprensibilmente esaltati hanno cominciato a tirare fuori tutto. Piano piano sono rispuntate sciarpe, maglie e persino BANDIERE che non dovevano esserci. Questo non ha fatto che surriscaldare gli animi.
Alla fine dei gruppetti sono venuti a contatto (lo erano già, non c’era nessuna barriera fisica) e non sono volate solo le parole. Nessuno è intervenuto.
Fortunatamente ha prevalso il buonsenso e forse anche la paura di una ritorsione in una curva abituata a ricevere DASPO ad ogni respiro. Fa un po’ effetto pensare alle scene di Spezia-Napoli di qualche ora prima con il gioco interrotto e lanci fra tifosi. Lì almeno c’era una barriera, qui nemmeno.
Il non intervento della sicurezza era inizialmente dovuto alla non presenza, ma poi si è capito essere stato deciso per evitare la cosa principale, ovvero l’invasione di campo a fine partita.
Precauzione che non è servita a nulla.
L’INVASIONE
Il Mapei Stadium è uno stadio dove è oggettivamente facile contenere l’ordine pubblico. Le entrate sono poche e ben divise, le curve separate, ma soprattutto c’è LETTERALMENTE UN FOSSATO che separa gli spalti dal campo su tre lati su quattro.
L’unico lato non separato è quello dietro le panchine, dalle tribune autorità, dove appunto si sono concentrati gli steward per impedire l’invasione.
Già da una prima occhiata la misura era insufficiente. Gli steward messi a cordone non coprivano nemmeno l’intero perimetro, come avrebbero fatto a impedire numeri dieci volte superiori a loro?
Inoltre dai video, e dalle testimonianze dirette nostre, l’invasione è partita sì da quel lato, ma contemporaneamente anche dal lato opposto e parzialmente dalla curva del Milan. Su quei lati c’era il fossato.
Come hanno fatto allora a passare i tifosi? Semplice. Ci sono dei ponti corridoi in alcuni punti dei settori, quelli estremi, per motivi di sicurezza. Sono stati aperti, non si sa bene da chi o perchè ma fatto sta che non sono durati 5 secondi a seguito del fischio. Le immagini di DAZN fanno vedere fin da subito l’ingresso in campo, ma si trovano video chiari anche su Youtube.
E alla soglia di quei cancelli non si era formata una calca pericolosa, anzi la calca si è formata in seguito all’apertura quando le tribune hanno cominciato ad affluire in campo. Semplicemente non erano presidiati o (peggio, ma in totale supposizione) sono stati aperti con complicità.
Il vandalismo subito dal campo è stato il minore dei mali e fortunatamente non si è violata la zona degli spogliatoi, anche se persino qui molti testimoniano di tifosi dentro il tunnel chiusi fuori dalla sola porta dello spogliatoio.
Il vero problema sono state le fughe in massa. Quelle cose che vediamo nei documentari con gli gnu nella savana o le pecore nei campi, ovvero quando uno spostamento improvviso genera un senso di pericolo e fa scappare tutti a catena: la vista di un altro che scappa ti fa istintivamente scappare.
Sono situazioni molto pericolose e che purtroppo solo pochi anni fa sono costate la vita a due persone in piazza San Carlo a Torino. Una cosa che ha preoccupato molto lo stesso Pierluigi Pardo in telecronaca e che si è ripetuta più volte non si sa perchè.
Dulcis in fundo, il Milan non è riuscito a fare nemmeno il giro di campo.
Dopo aver riportato l’ordine in maniera del tutto spontanea (perché solo l’intervento della curva rossonera ha convinto le persone a tornare al posto) la sicurezza non è riuscita a prevenire una seconda invasione.
Una volta sollevata la coppa, i tifosi sono rientrati in campo. Tutti carichi, tutti amici ma poi ti fregano la bici. E infatti qualcuno ha rubato la medaglia a Stefano Pioli.
Non è da sottovalutare l’intervento della curva Sud, che va a chiudere una parentesi aperta prima. Ci sono numerosi video che testimoniano come siano stati i capi curva a far rientrare i tifosi sugli spalti come mandriani con le bestie nei recinti.
Alla fine però anche qui la gioia ha prevalso e nonostante un’irruenza tutto sommato accettabile, nessun tifoso si è fatto troppo male. Non è però questo il messaggio che può passare alla luce di tutto quello che è successo.
All’ingresso della curva neroverde i controlli sono stati insufficienti.
I disordini nella curva fra tifosi neroverdi e rossoneri ci sono stati, sono stati numerosi e mai gestiti da personale addetto.
L’invasione c’è stata e per di più due volte, e il servizio d’ordine è stato fatto dai rappresentanti della Sud rossonera.
In questi casi si suole dire che tutto è andato bene, ma nella realtà dei fatti non è così: tutto è andato male. Possiamo al più dire che le cose non sono andate per il peggio, ed è un bene e una fortuna dal momento che nessuno tifava certo per questa opzione.
Ma tra le cose che vanno bene e le cose che volgono al peggio c’è un margine bello grosso in cui basta un nulla per far scattare qualcosa e far precipitare tutto. Compito della sicurezza dovrebbe essere tenere la paglia lontano dal fuoco, non stare a guardare l’incendio sperando che non bruci la casa.
In tutto questo il peggio è forse quello che è successo in curva, il luogo in cui i tifosi neroverdi dovrebbero essere accolti e il posto in cui dovrebbe essere riservato loro il tifo. Posto che invece stavolta gli ha fatto trovare i soliti striscioni della Reggiana e un folto gruppo di tifosi milanisti forse innocui solo perchè non organizzati visto il numero.
Un posto che dopo 9 anni è ancora lontano dall’essere chiamato casa. E non chiediamoci il perchè.