Come sarebbe stato il mondo se Mancini avesse guardato il Sassuolo

Dove eravate voi la sera del 12 Dicembre 2021?

Non è un interrogatorio alla Poirot e nemmeno un test sulla vostra memoria, perché ve lo diciamo noi: se state leggendo queste righe, probabilmente stavate guardando Sassuolo-Lazio, ancora più probabilmente dalla televisione di casa.

Il punto era dove era Roberto Mancini quella sera, perché oggettivamente non lo sappiamo (e non ce lo deve neanche dire eh). Forse anche lui stava guardando quella partita, o forse no. La nostra storia parte dalla seconda ipotesi, quella in cui in serata il CT accende DAZN e vede qualcosa che lo sorprende, che gli mette un’idea in testa, che dapprima rimane in un cassetto e poi rimugina fino ad uscire.

Quella sera è la sera di Sassuolo-Lazio, e forse tutto poteva partire da quel telecomando.

Il Mancio è stanco, la sera prima è stato ad Atreju al raduno di Fratelli d’Italia. La leader di partito e allora anche dell’opposizione Giorgia Meloni gli ha tributato un premio (un presepe, visto il periodo), per il successo all’Europeo, e lui lo ha ritirato con orgoglio.

Il ritorno da Roma è stato stancante, alla sera aveva una cena in programma ma ha preferito rimandarla per rilassarsi a casa sul divano e lasciare la visione delle partite al suo staff. Ma poi, sul divano e con la copertina di lana, quel pensiero riemerge.

È passato un mese dal doppio pareggio contro Svizzera e Irlanda del Nord, quel doppio incaglio, quel rigore sbagliato di Jorginho…c’è ancora tempo per preparare l’impegno di marzo contro la Macedonia del Nord e il Portogallo. Quello con la Macedonia non preoccupa, ma quel Portogallo lì…

Il pensiero non va via, e allora tanto vale distrarsi e vedere come va la Serie A. Il palinsesto prevede Sassuolo-Lazio. “Bene dai” pensa lui “Zaccagni, Berardi…ce ne sono qui di ragazzi, vediamo un po’” e accende la partita.

Pronti via e segna Zaccagni. Roberto sorride, un esterno in crescita fa sempre comodo nel 4-3-3 ora che Insigne sembra in fase calante. E poi quel gol sembra fatto con l’intelligenza di un falso nueve…deve essere merito di Ciro.

Ah Ciro…

I suoi tempi, i suoi movimenti, i suoi inserimenti e i suoi rigori calciati forte basso e rasoterra con la potenza di chi nel pallone butta tutta la propria rabbia e la propria determinazione. Nessuno gioca come Ciro.

Eppure in Nazionale non quadra, non gira, non si integra. Gli vogliono tutti bene, giocano per lui, ma niente, ogni partita ormai è un chiodo in più piuttosto che una tacca sulla cintura. L’Europeo si è vinto, è vero, ma un tarlo comincia a prendere forma.

E Ciro infatti non segna, nonostante giochi contro una difesa notoriamente allegra.

Segna Berardi invece. Gran gol: sportella tutti, rientra, calcia secco da fuori area ad angolo. Gran gol, niente da dire. Dai metti che Chiesa è indisponibile, ci può essere lui. Ma perchè pensare in maniera negativa?

Ma non è la prima sorpresa, perché il Sassuolo prende in mano il gioco e comincia a rivoltare la Lazio. Scamacca lotta come un leone, Frattesi spacca il centrocampo come un treno, e poi arriva il secondo gol della rimonta e lo firma lui.

Giacomo Raspadori.

Che stile, che classe, che intelligenza. Sembra avere tutto quello che cerca in una punta. Si associa con gli altri, mette in porta, si prende il tiro e lotta su ogni pallone. Grinta, tecnica, c’è tutto. Certo però…gioca nel Sassuolo…

Immobile ha fatto 200 gol in carriera, più di 150 in serie A, capocannoniere tutti gli anni ormai. Dopotutto ci si gioca tutto in 180 minuti, due partite secche, come fare a non fidarsi di chi ha vinto persino un Europeo?

Però quel Giacomino lì piace. Lo ha portato a Wembley e ha avuto ragione, il ragazzo si sta rivelando un buon prospetto ma ne ha ancora di strada da fare. Le buone prestazioni sono state finora “protette” e l’Italia non è mai dipesa da lui, che forse potrebbe non sopportare un peso tale.

Ma questa partita è stellare, e tutto il Sassuolo lo esalta. Ha portato 3 giocatori neroverdi agli Europei, e perché non provare di nuovo a puntare su quel vivaio? Le critiche arriverebbero lo stesso, allora tanto vale rischiare.

Mancini si innamora del Sassuolo di Dionisi e decide di rischiare tutto su di loro. Con la Macedonia è facile e sarà il test, poi con il Portogallo ci si giocherà il tutto per tutto.

Fa due chiamate allo staff, la voce si sparge, cerca il numero di Dionisi e gli accenna qualcosa. Vuole capire come sfruttare al meglio il gruppetto di giocatori che sembra in ascesa. La voce si sparge e Dionisi in maniera furba ne parla con i ragazzi: “Mancini mi ha chiamato, vuole puntare su di voi”.

Quella notte, nessuno dorme. Quel Natale, nessuno riesce a trattenersi in qualche chiacchiera in famiglia. Risate, per stemperare la tensione. Mancano tre mesi.

Intanto Roberto studia, sente Evani, sente Lombardo e sente anche Nuciari e Salsano. Loro sono titubanti, è rischioso non mostrare riconoscenza a giocatori che hanno sollevato un trofeo così importante solo pochi mesi prima. Oriali sonda il gruppo.

Intanto il Sassuolo prende il volo, la difesa continua a ballare ma i ragazzi sono più in forma che mai. Concentrati non si lasciano scappare ammonizioni a vuoto, motivati si cercano e si trovano. Il Sassuolo è a 50 punti, settimo a pari merito con la Lazio e lanciato per l’Europa.

Arrivano le convocazioni. Dentro Scamacca, Frattesi, Raspadori e Berardi. Restano fuori Pessina e Joao Pedro. Il blocco Sassuolo al completo, è un record in un momento d’oro.

L’allenamento va bene e Mancini è deciso: Raspadori sarà titolare. Berardi a destra per l’infortunato Chiesa e Insigne a sinistra. Il centrocampo è il solito, la difesa anche.

Raspa gioca, crea, si inserisce ma la porta sembra stregata. Le sue sponde portano al tiro Insigne e Berardi, ma troppo defilati. Al ‘70 esce per Scamacca in un tentativo di arrembaggio selvaggio.

E all’82’ minuto Florenzi mette la palla con i giusti giri in mezzo, Dimitrievski accenna l’uscita ma non la conferma, Ristovski non legge l’incertezza e ne approfitta Scamacca che incorna di potenza in controtempo sul primo palo. Uno a zero, la paura è passata.

La Macedonia si scioglie e al ‘90 c’è gloria anche per Barella che in ripartenza guida il pallone sulla destra, scambia con Insigne, supera l’unico difensore rimasto e insacca il 2-0. Si va contro il Portogallo, che intanto ha vinto la sua sfida.

Ai giornali piacciono gli ultimi 20 minuti di una nazionale che sembra aver trovato la quadra, ma rimangono i timori per Cristiano Ronaldo e i suoi fratelli. Ma non c’è nemmeno tempo di pensare, il 29 marzo si gioca lo spareggio finale.

Mancini sorprende tutti e ripropone Raspadori titolare. Decisivi i colloqui con Oriali, Immobile ha dato l’ok per fare un passo indietro. Il gruppo è compatto. Si gioca con gli undici di pochi giorni prima.

Questa volta il gioco di Raspadori funziona. Insigne e Berardi entrano e creano lo spazio per Verratti e Barella, con il centrocampo del Portogallo incapace di ripiegare fino all’ultima linea. Al 24’ minuto scambio al limite dell’area, Raspadori girato serve Verratti, che temporeggia e poi lo serve di nuovo. Raspadori allarga le gambe, fa scudo alla palla con le sue cosce e riesce a far filtrare per Barella che di prima apre un maldestro piatto di sinistro e segna incrociando rasoterra.

Entusiasmo alle stelle, gli Azzurri attaccano come se non ci fossero altri 60 minuti e il Portogallo non si trova. Berardi sfonda sulla fascia destra, Mendes non lo tiene, lo spintona ma lui resta in piedi. Arriva fino al fondo, finta di destro e passa al sinistro. Raspadori legge quel movimento, lo ha fatto mille volte.

Tutta la difesa del Portogallo lo ha seguito fino in fondo, si è addossata sulla linea della porta come pecore sospinte nel recinto dal cane pastore. Ed è in quel momento che Giacomo fa un passo indietro, con gli occhi fissi sul mancino di Berardi. Un piede che è sempre il fulcro del gioco.

Berardi tende forte nel mezzo, Raspadori scaravolta forte di destro in porta senza nemmeno prendere la mira. È gol sicuro, è un gol importante.

Al rientro dagli spogliatoi c’è fin troppa euforia. Svista a centrocampo, palla persa, Fernandes triangola con Silva, due tocchi e Diogo Jota è in porta e i lusitani tornano sotto. Gli Azzurri si chiudono e comincia la battaglia. Barella non ce la fa più, deve entrare Frattesi. Dalla panchina Insigne e Immobile sbracciano, urlano e danno indicazioni. È come avere 5 allenatori. Tutti sono con la nazionale che deve solo resistere.

Mancano 3 minuti al recupero e le linee sono dilatate. Frattesi se ne accorge, riceve a centrocampo e invece che l’ennesimo elastico con Jorginho, finta e punta al centro: Moutinho è sorpreso e stanco. Cede.

La difesa si accentra tutta in copertura, palla buttata larga a Politano che è solo e vede l’inserimento dello stesso Frattesi che taglia fra centrale e terzino. Palla perfetta, Frattesi ci piomba ai 100 all’ora e tira di destro. La sua spinta lo porta a dover rallentare per calciare e dopo il tocco inciampa e cade su sè stesso. Quando si rialza, l’Italia è sul 3-1 ed è ai Mondiali.

Festa nazionale, ma festa su tutti i rotocalchi. I gioielli del Sassuolo brillano come non mai e per loro cominciano a fioccare le offerte.

Tuttavia la prova li ha stremati. Acciacchi vari costringono Berardi e Frattesi fuori per qualche giornata, il Sassuolo perde la fame e rallenta mentre la Lazio tira fuori le riserve, soprattutto con Immobile ora libero dalle pressioni e dalle fatiche.

A fine stagione sono 58 punti. Molti, ma non abbastanza per agganciare il settimo posto. Siamo ancora fuori dall’Europa.

In estate i giocatori scalpitano lo stesso perché le offerte arrivano a fronde.

Ronaldo è rimasto impressionato da Scamacca e lo segnala allo scouting. Lo United si fa sotto, il PSG anche, ma alla fine la spuntano i Red Devils per 50 milioni: una cifra record per il giocatore neroverde.

Difficile invece fare affari con De Laurentiis. La cifra per Raspadori è quella, sono sempre 35 milioni, ma stavolta tutto è preceduto da una telefonata. È quella del CT Mancini, che chiama Spalletti e si fa dare rassicurazioni sul gioco. A stretto giro chiama Raspadori. “Ok, se giochi con regolarità al Mondiali ti porto”. E l’affare si sblocca.

Berardi e Frattesi rimangono per essere sicuri di giocare, ma il maggior budget e la maggior fama portano Pinamonti e Gnonto, un ragazzo sconosciuto che gioca in Svizzera e che nessuno ha ancora convocato in Nazionale per dare spazio agli altri attaccanti.

Il Sassuolo parte bene, ma gli infortuni lo condizionano lo stesso. Qualche partita buona, qualche altra da dimenticare, ma Frattesi e Berardi sono trascinatori del Sassuolo a 20 punti. Gnonto segna 4 reti ed entra nel giro della Nazionale anche lui. 

Intanto Scamacca fatica nel polverone United, ma Raspadori approfitta di un infortunio di Osimhen (abbiamo verificato e nei 2.946 multiversi esistenti sono solo 4 quelli in cui non si rompe a Settembre) e debutta in Champions con gol. Di lui ormai si parla come della punta titolare della Nazionale.

Al momento della convocazione, lui c’è e anche Scamacca. Entrano anche Berardi, Frattesi e Gnonto: sono tre convocati per un Mondiale, un record impensabile. L’Italia punta tutto su un nuovo ciclo nonostante il recente trionfo europeo. All’asta interna per assegnarsi le maglie, la 10 che era di Insigne viene presa proprio da Raspadori.

In Qatar ci aspettano Ghana, Uruguay e Corea del Sud.

Ghana è di buon auspicio, ci ricorda il 2-0 in Germania che diede inizio alla cavalcata del 2006, e infatti viene archiviato facilmente con risultato uguale: incornata di testa di Bastoni e gol proprio di Raspadori. Il primo gol di un giocatore cresciuto nel vivaio neroverde ad un mondiale.

La Corea si rivela il classico scoglio in mezzo al cammino. Kim è roccioso, anzi lo sono tutti i Kim, e Son imprendibile. Vantaggio per loro e solo un ingresso disperato di Scamacca e Berardi in un inedito 4-2-4 porta il pareggio. La firma è ancora di Bastoni, ormai leader della difesa e con una sfilza di paragoni con Materazzi che si sprecano.

Contro l’Uruguay sfida orfana di Chiellini e Suarez. Molta tensione, ma firma l’1-0 Jorginho su rigore e la partita rimane in controllo fino al fischio finale. Sette punti, un solo gol subito. Un buon bottino, l’umore è alto.

Ironia della sorte arriva la Svizzera, seconda nel girone G. Forse il peggior avversario per il fattore psicologico: è passato poco più di un anno da quel rigore sbagliato e Jorginho ora vuole riscatto. Mancini punta su di lui, ma è Sandro Tonali a prendersi la scena con una partita sontuosa al posto di un rifiatante Verratti. Plana su tutti i palloni, asfissia e rigioca con velocità. Chiesa legge l’intensità del gioco come uno squalo che fiuta sangue nell’acqua e segna una doppietta. Il gol di Embolo non riapre la partita mai veramente. Passiamo noi.

Ai quarti la Croazia ci manda nei matti. Forza, intensità, tecnica a centrocampo creano una partita pazza fatta di due pali e due gol annullati dal VAR per situazioni limite. Verso la fine comincia a vincere la tensione. I supplementari non sono voluti da nessuno, così si va ai rigori.

Si pensa ad un nuovo show di Donnarumma, ma non è necessario. Sia Brozovic che Lovren tirano a lato fuori dalla porta. Il quarto rigore di Berardi è quello sufficiente per andare in semifinale. Si comincia però a notare il digiuno degli attaccanti e l’avversario preoccupa non poco, perchè è l’Argentina di Leo Messi.

Serate calde in Qatar, mentre qui in Italia si festeggia Santa Lucia, la notte più lunga che ci sia. Ed è una notte lunga anche a Doha, perchè nessuno dorme tranquillo pensando a quello che c’è il giorno dopo. C’è Dybala, il Papu, Di Maria, ma soprattutto Lui.

Scamacca è stato ad un passo dal giocare con lui, Raspadori aveva 10 anni quando stendeva il Real con una Manita e sembrava un alieno. Berardi è stato paragonato a lui per numeri fin dai primi passi in serie A. Frattesi ha con sé una birra, non si sa come.

Ma che sei matto?” gli fa il suo compagno di stanza, ovviamente il suo coetaneo. “Ma va, figurati ‘na birra” risponde lui. Non è solo poco adatto come pre partita, ma è anche teoricamente illegale e della sua provenienza non è del tutto chiara. Fattostà che è lì, ed è la sera prima della semifinale. E allora…

Mancini ha chiesto a Chiellini di raggiungere la spedizione in hotel dopo la prima settimana. “Il gruppo è giovane” ha pensato, e così Giorgio può dare una mano a creare il gruppo e a dare serenità. La vigilia della partita bussa alla porta di Bastoni e i due chiacchierano tutta notte.

Chi dorme ancora meno è il mister, che ha un tarlo che non va via da quel 12 Dicembre di un anno fa. Ripensa a quella partita, a quel Sassuolo spavaldo e spensierato. Ad una Lazio superiore, ma sorpresa, ai giocatori in forma e in fiducia. Poi ripensa a quello che diceva Arrigo Sacchi di Maradona: con Maradona è come giocare contro il tempo, perché sai che prima o poi ti farà gol.

E allora domani? Domani contro un giocatore capace di vincere 7 palloni d’oro non sarà poi la stessa cosa? Ma quel Sassuolo…quel Sassuolo se ne fregava di chi aveva davanti. Se ne fregava della superiorità dell’avversario e del fatto che probabilmente avrebbe preso gol. Bastava segnarne uno più degli altri.

Ed è il messaggio che dice il giorno dopo il CT negli spogliatoi, quando annuncia alla squadra uno stravolgimento tattico. Niente più 4-3-3 che ha accompagnato tutto il ciclo vincente finora, si entra in campo con il 4-2-3-1 a là Dionisi: Raspadori dietro la punta Scamacca. Centrocampo di corsa con Tonali e Barella.

Nei primi minuti si assiste a qualcosa di strano, l’Argentina è sconvolta, non preparata, ma lo è altrettanto l’Italia. Di Maria mette in porta Lautaro che segna l’1-0, Messi prende un calcio di punizione e la barriera devia pesantemente la traiettoria. È un gol sporco, ma è pur sempre il gol del 2-0 che lo ascende a quello che potrebbe essere il tanto agognato “Mondiale di Messi”. 

Eppure sembra che all’Italia non interessi, non importi. Non c’è paura, non c’è disastro nei loro occhi. C’è voglia di giocare e si continua a palleggiare ambiziosamente finchè allo scadere del primo tempo Raspadori riceve isolato fra le linee argentine che non si aspettavano un giocatore in quella posizione. Controlla, si guarda intorno e calcia da fermo angolato. Rulli si distende, respinge, ma sulla ribattuta arriva rapace Scamacca che fa l’1-2 decisivo per il morale.

La partita è ancora aperta. Negli spogliatoi il Mancio non indietreggia di un passo, sprona, urla, incita. Lo staff è tutto con lui: bisogna giocare senza pensieri. Un pensiero però c’è perchè Federico Chiesa ha un fastidio al flessore destro, troppi impegni per lui negli ultimi mesi fra Juve e Nazionale. Deve entrare Berardi, e neanche a volerlo, di ricompone il gruppo dell’attacco neroverde.

Al rientro in campo l’Italia ha un altro passo, l’Argentina sembra continuare a muoversi come materia informe, incapace di coordinare una risposta alle giocate dei centrocampisti e agli scambi in velocità sulla trequarti. Sembra che l’Italia aspetti solo che la difesa si ricompatti per trovare una trama in mezzo al caos, che cerchi di soffocare l’albiceleste dentro i suoi spazi per stremarla.

 Passano giusto otto minuti e al 53’ Di Marco recupera palla sulla fascia e crossa in mezzo, ribattuta della difesa e da fuori con una volèe Raspadori insacca alla destra di Rulli, con un tiro di collo potente abbastanza da arrivare di rimbalzo in porta. È un pareggio che sa di rivincita.

Ancora l’Italia che attacca da tutte le parti, Berardi si accentra una volta, tira e sfiora la traversa con tutta la difesa a seguire la palla. Lo rifà e questa volta però il tiro ribatte su Enzo Fernandez, la palla gli carambola fra i piedi e la svincola con un tocco confuso. La palla rimane lì sospesa e come un falco arriva Raspadori in controtempo ad insaccare questa volta sulla sinistra. Lo stadio esplode, e con lui tutta l’Italia.

Tutti esultano e corrono ad abbracciare Raspadori. Mancini rimane fermo, sorride, si porta la mano al volto. La sua mente è andata a quel gol tremendamente simile, segnato il 12 Dicembre contro la Lazio. Ce l’ha fatta, è riuscito a ricreare un gruppo, un nuovo ciclo e a ridare entusiasmo a tutti.

Al 75’ entra Lorenzo Pellegrini per far rifiatare Raspadori e tutto lo stadio lo applaude, tempo cinque minuti e lo schema si richiude a 4-3-3. Stanco assedio argentino, non ci sono più le energie, le forze, la testa e il morale. L’arbitro fischia tre volte.

Un tripudio azzurro da Doha a Roma, siamo alla seconda finale consecutiva dopo la cocente eliminazione contro la Svezia. Sembrava il punto più buio del calcio italiano, e invece da lì è ripartita una delle generazioni potenzialmente più vincenti seppur non forti.

In finale peschiamo la Francia.

E sappiamo come va a finire.

Disclaimer: il presente articolo è frutto di fantasia, descritto con il mezzo del racconto distopico. Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale. Purtroppo